Nietzsche e il comunismo

Nicola Massimo de Feo, 30/09/2020

Datato: 01/01/1984

Nietzsche e il comunismo è un testo indicativo di uno degli assi più importanti della riflessione di de Feo, sul e dentro il negativo. Terreno che poneva problemi teoretici e pratici nella lettura di quella tendenza storica che si chiama «comunismo», per il filosofo barlettano, e non un amaro fondamento per una teologia politica. Nietzsche, dunque, perché la filosofia a colpi di martello è uno dei metodi per stare dentro e tra le cose, utile per la demistificazione nel pensiero e per la critica nella pratica; il comunismo, poi, perché la filosofia, per de Feo, non è mai un esercizio esclusivamente materiale, ma è un modo di esercitare il materialismo, come speculazione e come pratica, come riflessione e come azione. In questa tensione politica ed etica, si riscopre un altro significato della famosa definizione marxiana di comunismo, «il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente», dove abolire è sostituito da distruggere: «movimento, che distrugge e libera nello stesso tempo». Il dialogo tra i due filosofi tedeschi restituisce quello che possiamo definire il metodo, se non proprio la postura defeiana, e cioè leggere, insieme, il reale come prodotto dei rapporti sociali (con Marx) e delle relazioni sociali (con Nietzsche). E, a partire da queste due coordinate, lo sviluppo di tutto il suo asse di interpretazione della definizione marxiana intesa non soltanto come abolente lo stato di cose presente qui fra noi, ma come un continuo antagonismo tra l'attuale e il virtuale, ciò che è presente e ciò che ha da venire, in una dialettica interna al movimento reale tra una forza che distrugge e una forza che libera, tra apollineo e dionisiaco. Perché, per de Feo, dentro e contro non si applica solo al presente modo di produzione, ma al presente tout court, nel quale si dà la possibilità e l'esistenza dell'umano: qui dentro, nel conflitto, si scopre quotidianamente quella tendenza che chiamiamo «comunismo».